Il vino è come il Jazz

Il vino è come il Jazz.
E non intendo dire che se esageri con la quantità ti addormenti o che piace solo a chi lo fa.
Il vino e il Jazz piacciono a chi li sa ascoltare, a chi li sa approfondire, a chi li sa studiare. A chi riesce a perdersi nella loro complessità.

Il vino è come il Jazz, perché richiede una terminologia specifica per essere descritto.
Il vino è come il Jazz, perché bisogna studiare tanto per capirlo.
E bisogna berne tanto per imparare a coglierne le infinite sfumature.
Il vino è come il Jazz, perché quelli che lo fanno sono stronzi. E quelli che lo propongono pure. Quelli che se lo inventano sono stronzi. Quelli che lo commercializzano sono stronzi. E i locali dove vai a usufruirne sono spesso gestiti da stronzi.
Però c’è da dire anche, che al di là di tutti gli stronzi che ci sono in questi due mondi, è pieno di persone bellissime che te ne parlano con passione. Che ti fanno innamorare di quello che bevi e quello che ascolti. Che te li sanno raccontare. Che ti fanno viaggiare all’interno di quel mondo. Che ti sanno far emozionare.
Magari prima avevi a che fare con un vino o con una canzone in maniera superficiale, veloce, impersonale. Bevi e finito lì. Ascolti il Jazz, magari proprio mentre sei in un wine bar, e finito lì. Musica che passa in sottofondo e niente di più. E non ti stai a chiedere con quali percentuali di uve è prodotto quel vino, quali caratteristiche gli conferisce il terroir, o se il produttore abbia escogitato un metodo speciale per far evolvere gli aromi in bottiglia. Come non ti accorgi che nella canzone che stai ascoltando sei arrivato a un accordo di dominante secondaria che in realtà è un 2-5-1 che risolve su un accordo minore relativo alla tonica del brano. E poi arriva uno che ti parla di queste sfumature meravigliose che tu nemmeno ti saresti sognato e niente… ti innamori in un istante.

Il vino è come il Jazz perché non è mai uguale. Ogni volta è un’esperienza diversa.
A seconda di come è stato conservata la bottiglia, a seconda di quanti anni ha. Magari una canzone che ti piaceva tantissimo due anni fa adesso la trovi inascoltabile. Magari senti una canzone di uno che non ti era mai piaciuto e e scopri un nuovo mondo.
Il vino è come il Jazz, perché devi sapere quello con cui hai a che fare. Non si può confrontare un vino con tutti quelli che hai bevuto in precedenza. Bisogna pensare alla tipologia. Per cui se stai bevendo uno Champagne non puoi metterlo a confronto con un Brunello di Montalcino. E nemmeno con un Soave. Ma lo puoi confrontare con un Durello metodo classico.
Bisogna tener conto della tipologia di appartenenza.
Così come non si può mettere a confronto un Miles Davis con un Charlie Mingus. Non c’azzecca proprio per niente.

Il vino è come il Jazz, perché cambia a seconda di dove sei.
Se bevi un vino in una bella enoteca, accogliente, con un bel sottofondo musicale con degli amici (o anche da soli, chissenefrega è bellissimo stare da soli) in un ambiente rilassante è diverso che bere a un matrimonio con 200 invitati che fanno casino.
E nel Jazz si sta meglio a sentire un concerto in teatro che in un club piccolo e affollato, fumoso, con un impianto audio che fa schifo.
Il vino è come il Jazz, perché non devi focalizzarti solo su un genere o una tipologia, ma devi provare tutto. Senza essere prevenuto. Senza fare pregiudizi. Ma con una mentalità sempre aperta alle particolarità. E guardare i lati positivi della degustazione e non giudicare solo dai difetti, perché altrimenti è meglio che continui a bere il vino sfuso da 1 euro al litro della cantina sociale.

Il vino è come il Jazz, perché ci si diverte di più a farlo in compagnia. Così puo condividere esperienze, sensazioni emozioni e puoi anche litigare e mandarti allegramente a cagare su temi discordanti. Il vino è come il Jazz, perché non sai mai quello che ti capita.
Puoi andare a un concerto di uno che ti piace tantissimo, ti aspetti una super performance e invece resti deluso. Così come puoi comprare un vino costoso di una cantina famosa e rinomata e restare deluso.
Oppure provare una bottiglia di un vignaiolo semi sconosciuto di provincia e scoprire un genio dell’enologia. Il vino è come il Jazz, perché chi lo fa ha un certo tipo di esperienza. E grazie alla propria esperienza crea un prodotto unico.

Il vino è come il Jazz perché è bello. Punto.
E ti fa sentire bene. Immensamente bene.
Ti fa sentire libero.
Ti fa vibrare la pelle.
Ti fa venire il magone.
Il vino è come il Jazz, perché dura un momento.
Vivi il momento in cui ce l’hai. In cui stai degustando, in cui stai ascoltando, in cui stai suonando.
Vivi quel momento e ti senti vivo.
Senti la vita che scorre, finché la bottiglia non finisce e ti lascia quella sensazione di piacevolezza. Di amore. Di gioia.
E ne apri un’altra.

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